VENERDI' SANTO - Processione della Addolorata


A mezzanotte del Giovedì Santo, dopo che i confratelli si sono soffermati in adorazione dinanzi al Sepolcro, si apre il portone dell’austera facciata di San Domenico e compare il "troccolante" che dà inizio alla processione.
Ai piedi della scalinata, intanto, oltre diecimila persone sono assiepate nelle stradine per attendere l’uscita della Madonna.
Il "troccolante" è il confratello che reca in mano uno strumento, cosiddetto "troccola", per lo strano rumore che emette quando viene agitato, ed è costituito da una tavola finemente decorata sulle cui facciate sono fissate quattro borchie metalliche su cui battono altrettante maniglie. Con il suo suono il "troccolante" scandisce il tempo dell’incedere lentissimo della processione.
Sceso sul Pendio di Via Duomo il "troccolante" avanza per far distendere l’intera processione: segue la prima delle due bande e subito dopo il portatore della Croce dei Misteri, su cui sono raffigurati tutti i simboli della Passione di Cristo.
Viene dopo una coppia di bambini, figli di confratelli, i quali vestono come gli adulti, ma senza mozzetta e cappello e sono chiamati "le pesare", poiché portano appesi al collo due pesi, simili a pietre, ma oggi di legno, la cui interpretazione è varia: secondo alcuni rappresentano il peso dei nostri peccati, per altri le pietre d’inciampo trovate da Cristo sulla via del Calvario. In realtà sono un’espressione sopravvissuta dell’antica penitenzialità medievale, ricollegabile ai gruppi dei flagellanti.
E tale è da considerarsi la presenza di tre "crociferi", che a differenza di tutti gli altri confratelli procedono a piedi scalzi, recando sulle spalle, prive di mozzetta, una croce lignea di colore nero. Il numero ricorda le tre cadute di Cristo sulla salita verso il Golgota. Nella processione sono intervallati alle quindici poste, che seguono le pesare.
Anche il numero delle poste, non sempre costante nel passato, vuole simboleggiare il numero delle poste del Rosario, creato proprio da San Domenico.
Dopo questa teoria di confratelli che sono guidati da due "mazzieri", gli unici abilitati a muoversi normalmente per mantenere l’ordine della processione, ecco il "trono", costituito da tre confratelli uno dei quali, quello centrale, reca in mano un "bastoncino" col pomello e nappina d’ argento, il quale rappresenta l’autorità della Confraternita, che non coincide necessariamente con il Priore, perché in questa processione è il confratello aggiudicatario del simbolo.
Dopo il sacerdote ed alcuni chierici ecco l’immagine della Vergine Addolorata.
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La statua, costruita nella seconda metà del Seicento, è oggetto di una venerazione straordinaria del popolo tarantino. Il volto che pur esprime un profondo dolore, rivela una delicatezza di lineamenti ed una bellezza espressiva ineffabile. A lei si innalzano gli occhi di tutti, inumiditi dal pianto, e a lei si rivolgono con profonda emozione le preghiere e le suppliche più strazianti.
Nel suo cammino attraverso le ombre della notte, le luci dell'alba e lo splendore del mattino, sino a mezzodì, l'espressione sembra assumere sfumature diverse. Ed in ogni tratto del percorso passa tra due ali di folla commossa che attende pazientemente il suo arrivo. È la madre di tutti i dolori, colei alla quale ognuno si rivolge con amore e con fiducia.
Il suo abito nero, il fazzoletto, finemente ricamato, che regge con la mano destra e soprattutto il cuore trafitto che regge con la sinistra, conferiscono all’immagine una struggente nota di dolore che diviene poesia dell’ anima.
È condotta sulle spalle da otto confratelli, quattro in abito di rito e quattro forcelle, con abito e guanti neri ed un cravattino anch’ esso nero.
Subito dopo c’è la seconda banda, dietro la quale una fila di fedeli penitenti, donne, uomini, giovani che spesso a piedi scalzi e con ceri in mano adempiono ad un voto fatto oppure vivono un personale momento di penitenza.
La processione si sviluppa lungo un percorso articolato che giunge sino al centro del Borgo, da cui dopo una breve sosta, torna verso la Città Vecchia per rientrare in San Domenico verso le ore 14,00.
Il procedere esasperatamente lento è caratterizzato da un classico dondolio, chiamato "nazzecata", ovvero un cullarsi languido al suono delle struggenti marce funebri che costituiscono, come è stato detto, la colonna sonora dei Riti.
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- Testo tratto dall' intervento del prof. Antonio Liuzzi, Priore Confraternita dell' Addolorata, su "La Settimana Santa a Taranto", in occasione del Convegno "Settimana Santa in Andalusia, Sicilia, Puglia" tenutosi a Caltanissetta dal 7 al 9 marzo 2009.
- Foto tratte dal web.
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